Visse quattro secoli fa tra Malvito, San Marco Argentano e Corigliano Calabro
Vita e santità di padre Girolamo Molinari, il frate dei Minimi sulle orme di San FrancescoIl rapporto fra esperienza religiosa e riconoscimento della santità si pone al centro dell’agiografia scientifica. In pratica, più si ha una molteplicità delle testimonianze agiografiche più si ha una biografia compiuta.
Nel caso di Padre Girolamo, si possono individuare due autori, anch’essi appartenenti all’Ordine dei Minimi, che hanno trattato del frate, precisamente il Lanovius e Padre Giuseppe Maria Roberti.
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Il Lanovius compose il “Chronicon Generale Ordinis Minimorum” nel 1635 e, riferendosi al
Padre Girolamo, fornisce delle notizie precise: la santità di vita, la sua origine, l’anno
della sua morte e la ricognizione del corpo dopo quattro anni.
L’autore afferma che, certamente, il celebre Padre Girolamo da Malvito (R.P.Hieronymus à Maluito), visse una vita esercitando in tutto e per tutto le virtù cristiane, accompagnata però da austerità e penitenza corporale, e che tale forma di vita altro non fece che aumentare la sua fama di santità.
Non solo, proprio l’austerità che il Padre Girolamo si imponeva, crebbe i propri meriti anche dopo la morte se è vero, come è vero, che lo stesso autore francese scrive: «Vitae austeritate e abstinentia paecipuus, cuius corpus odore aromatico fragrans post mortem repertum est incorruptum», cioè, «insigne per austerità di vita e astinenza, il suo corpo è stato trovato incorrotto dopo la morte, emanante un profumo fragrante».

Un avvenimento del genere, del resto, è molto comune a uomini di chiara fama di santità succedutisi nei secoli, a tal riguardo, molti sono i Beati e i Santi, che all’atto della esumazione vennero trovati incorrotti, segno e testimonianza di un intervento divino atto a confermare l’eroicità evangelica di questi.
Il fatto, poi, che l’esumazione del Padre Girolamo fu fatta solo dopo quattro anni dalla sua morte, conferma come già all’epoca veniva considerato in odor di santità.
Ma il Lanovius ci fornisce anche un’altra importante notizia circa il venerato frate, che riguarda la sua famiglia.
Dice infatti: «…erat Molinariorum celebri familia …».
Qui abbiamo la netta testimonianza come Padre Girolamo apparteneva senz’altro alla famiglia Molinari e che questa famiglia era celebre.
Ora, per i tempi, essere celebre, significava non solo appartenere ad un alto rango, quanto l’essere in condizioni socio-economiche abbastanza agiate.
Ed infatti, la famiglia era benestante, in quanto possedeva dei latifondi, che garantivano uno stile di vita agiata.

Ancora oggi in agro di Malvito esiste una contrada che si chiama “Molinari”, testimonianza questa di un sito appartenuto alla famiglia di Padre Girolamo.
Invero, esistono anche dei documenti ufficiali, dove insistentemente si parla dei Molinari nel comune di Malvito, costituiti da atti e da platee, tutti attestanti che gli stessi erano comunque proprietari terreni, e sicuramente parenti del religioso.
Da documenti dell’archivio di Stato di Castrovillari, ad esempio, datati 19 luglio 1667, ff. 200 e 201, tra gli altri si menziona un tal reverendo Giulio Cesare Molinaro(i), mentre dal Catasto onciario del 1783 di Malvito, viene nominato un certo Francesco Saverio Molinaro(i), ed ancora Pietro Molinaro(i), quest’ultimo pubblico stimatore di campagna.
È ragionevole pensare, quindi, che queste persone su menzionate, erano sicuramente dei parenti del religioso, e che comunque, tutte erano legate a fatti riconducibili con possesso di terreni; certo, ciò rafforza il fatto che la famiglia Molinari era quella famiglia che effettivamente era di floride condizioni economiche, come risaputo.
L’agiatezza economica familiare, sicuramente si addice al nostro personaggio, in quanto egli proprio perché apparteneva a tale famiglia, era in grado anche di soccorrere e sopperire molte persone in difficoltà, come ampiamente attestato da altre fonti, vivendo profondamente il carisma dei Minimi che aveva abbracciato, non ponendosi al di fuori del tessuto sociale, né tantomeno si comportava da spettatore degli avvenimenti umani, ma faceva del suo rapporto con il mondo un momento di ascolto, di scambio e di dialogo a beneficio degli altri.
L’altra notizia storica che il Lanovius fornisce, riguarda la data della morte del frate: «Obierat Hieronymus noster ab hoc anno e die VIII mensis Augusti», cioè, «il padre Girolamo terminava la sua giornata terrena 1’8 Agosto del 1607».
Qui il Lanovius pone la morte del frate due anni dopo rispetto ad altri documenti, , che sono concordi nell’attribuire l’anno del decesso nel 1605.
Fin qui la prima fonte storica, molto antica ma certamente autorevole.
L’altro autore che ci notizia sul Padre Girolamo è, come detto prima, Padre Giuseppe Maria Roberti di Conflenti (1896-1936), che fu anche uno dei massimi agiografi di San Francesco di Paola.
Nella sua opera «Disegno Storico dell’Ordine dei Minimi» edito a Roma nel 1908,
un’opera abbastanza voluminosa, nel volume secondo della stessa, l’autore prende in
esame gli anni della storia dell’Ordine che vanno dal 1600 al 1700.
Anche il Roberti afferma, quasi come tesoro prezioso per il paese natio, che il Padre Girolamo nacque a Malvito nel 1537, che tale luogo si trovava e si trova tuttora, nella diocesi di San Marco Argentano, dalla nobile famiglia Molinari. ·
Anche questo autore, mette in risalto che ciò che caratterizzò la vita di Padre Girolamo, fu lo spirito della più austera penitenza, che lo rese emulo – afferma – del glorioso San Francesco di Paola.
Il Roberti, poi, ci dice una cosa molto importante e cioè, che il Padre Girolamo
quando entrò nell’Ordine dei Minimi, era già sacerdote secolare, avendo compiuti gli studi presso il seminario di San Marco Argentano.
Nel seminario sammarchese, il giovinetto fu accolto dal vescovo del tempo, monsignor Coriolano Martirano (1530-1557), quest’ultimo molto erudito nelle lingue greca e latina e fu anche uno dei partecipanti al Concilio di Trento.
Il giovane Molinari, amorevolmente seguito dai superiori, si impegnava costantemente e diligentemente negli studi teologici e filosofici meritando il plauso e l’ammirazione sia dei formatori che degli stessi compagni.
Pieno di zelo e di attenzione nei confronti degli altri si distinse per condotta, pietà ed intelligenza ma soprattutto per un grande amore al raccoglimento ed alla mortificazione.
Terminati gli studi e dopo essere stato ordinato sacerdote, godendo della grande stima del vescovo fu nominato parroco nella chiesa di Casal di Tori, da monsignor Fabrizio Landriano (1562-1566), quest’ultimo nipote di San Carlo Borromeo, ricordato come uno dei più importanti vescovi della diocesi di San Marco Argentano.
In questo piccolo borgo, che si trovava, all’epoca, nel circondario di Castrovillari, il giovane sacerdote prendendo a cuore la missione affidategli, rese la stessa molto feconda di molteplici favori spirituali verso le anime che seguiva con sollecito amore di “buon pastore”.
Malgrado ciò, il Molinari provava una certa insoddisfazione del suo stato di sacerdote secolare, poiché lo stesso bramava di dedicarsi totalmente ad una vita contemplativa, che a volte rasentava lo stato di una vera e propria vita eremitica.

Così, superati da poco i trenta anni, per ispirazione divina si rivolge per essere accolto nei Minimi presso il convento di Corigliano Calabro, fondato dallo stesso San
Francesco di Paola verso la fine del 1458, su invito, oltre che del popolo, da Bernardino Sanseverino, di cui era Signore, e da sua moglie Eleonora Piccolomini, principessa di Rossano e nipote del Sommo Pontefice Pio III, i quali avendo conosciuto lo spirito dell’istituto dei Minimi, volevano che anche a Corigliano sorgesse un insediamento.
Qui il Padre Girolamo, indossato l’umile saio del Santo paolano, rimane per quarant’anni, fino alla morte, restando sempre fedele allo spirito della sua vocazione e consacrandosi in maniera più radicale a Dio.
Questo passaggio dallo stato di sacerdote secolare a religioso, per Padre Girolamo fu anche pieno di difficoltà, in quanto lo stesso dovette sopportare e vincere l’opposizione della sua famiglia e dei suoi parrocchiani e, solo dopo qualche tempo, ottenne umilmente dal suo vescovo, il Cardinal Gugliemo Sirleto (1566-1568), il tanto desiderato permesso di rendersi religioso.
Lasciava la vita di parroco benvoluto da tutti, si allontanava dagli effetti familiari, abbracciando la vita religiosa che lo riempiva di gioia e gratitudine verso il Signore, che amava con tutto il cuore e voleva servirlo nella preghiera e nel prossimo.
Accolto amorevolmente dai buoni religiosi del convento coriglianese, ritmava le sue giornate in lunghe orazioni e contemplazioni, ma nello stesso tempo si rendeva disponibile verso tutti i poveri che bussavano quotidianamente alla porta del convento per chiedere la carità, e per tutti oltre che una provvidenza, il Molinari aveva sempre una parola buona e di incoraggiamento, invitando tutti alla conversione ed avere fiducia nella magnanimità del Signore, esortando alla costanza della preghiera in cui egli riponeva la massima fiducia.
Occorre qui ricordare un episodio verificatosi a Corigliano, ed anche in altre parti della Calabria e della Sicilia Orientale, nel 1601, che sicuramente vide il Padre Girolamo solerte nell’implorare la protezione divina per intercessione di San Francesco di Paola, insieme alla fraternità conventuale ed a tutta la comunità coriglianese.
Nel mese di aprile del 1601 sembrava che il cielo pare fosse divenuto di bronzo, per la scarsità delle piogge che si protraeva da più mesi.
Sul finire del mese, il terreno si presentava arido, le messi intristivano e le sorgenti si cominciavano a disseccare, mentre era sempre più chiaro che ci si doveva preparare allo spettro della carestia.
Si organizzarono veglie di preghiere presso il santuario dei frati, a cui accorsero moltissimi fedeli, per chiedere la grazia della pioggia.
E la forza della preghiera ebbe gli effetti sperati.
All’improvviso oscure nubi si addensarono nel cielo, ed in pochi istanti, tra l’ammirazione e la gioia generale, una pioggia copiosa e ristoratrice cadde per tutto il giorno, rinnovando l’aspetto desolante di quelle contrade e salvando il raccolto dei campi.
La descrizione che il Roberti fa della vita religiosa di Padre Girolamo, mira a focalizzare l’austerità, affermando che egli non lasciava mai, di giorno e di notte, di flagellarsi a lungo aspramente, camminava sempre a piedi nudi e per non esibire la sua mortificazione, usava calzare costantemente un paio di scarpe, alle quali mancava la suola, in modo che i piedi erano a contatto con il suolo.
Amante della preghiera, tra le sue devozioni emergeva quella del santo Rosario, a
cui univa quella per San Francesco di Paola, trascorreva molto tempo in orazione, e molte volte tanto era assorto che rimaneva immobile ed alienato dai sensi, cosa anche questa, tra l’altro che si trova nella vita di molti santi.
Pur vivendo nella massima ritiratezza, il religioso usciva dalla sua povera cella per partecipare agli atti comuni.
Malgrado tanto rigore di vita ritirata e penitente, egli aveva sempre lo zelo verso la salvezza delle anime ed il vantaggio spirituale dei fedeli, tant’è che si mostrava sempre disponibile e misericordioso verso tutti coloro che a lui ricorrevano.
Questo tratto caratteristico del religioso ha fatto si che allo stesso venisse data la fama di santo, qui inteso non tanto come taumaturgo, ossia operatore di miracoli, ma fautore di atti di grande carità, che a volte assumevano l’aspetto di veri e propri miracoli.
E l’agiografia, del resto, è piena di esempi di santi che hanno compiuto dei veri e propri prodigi, non tanto ricorrendo al soprannaturale, ma impegnandosi in prima persona a favore del prossimo con atti concreti, come ad esempio San Nicola di Bari con la provvidenza data a tre fanciulle per la dote e Sant’Antonio di Padova, con la sua presa di posizione contro gli usurai del tempo, azioni che meritarono l’ammirazione di molti.
Così, si può dire di Padre Girolamo, che usando una carità concreta verso i bisognosi ed i poveri, ai loro occhi, anche l’assicurare quotidianamente un tozzo di pane, prendeva la forma di un vero e proprio prodigio, considerati i tempi difficili e grami che le popolazioni della Calabria vivevano, strette da povertà e, sovente, da carestie.
Verso gli ultimi anni della sua vita, per gli acciacchi ed ormai all’estremo delle forze, il Padre Girolamo dovette privarsi dal celebrare Messa.
Però, ogni mattina, per mano del sacerdote, il religioso devotamente si accostava all’Eucarestia e nel compiere quest’atto sacrosanto, egli si sprofondava talmente nella meditazione dell’ineffabile mistero e si infiammava di tanto amore, che spesso lo rapiva in estasi.
Altra notizia importante, trasmessaci dal Roberti, è che il religioso aveva predetto chiaramente il giorno del suo decesso, e che lo stesso aspettava con bramosia l’agognato giorno.
Al mattino dell’8 agosto del 1605, chiamò tal fra Ottavio, che era il frate che lo aveva assistito nella sua infermità e gli disse,tra le tante parole di ringraziamento di raccomandarlo a Dio,in quanto quella stessa sera,all’ora di compieta,si presentava al suo cospetto.
Quando i frati annunziarono la sua morte, tutti i cittadini di Corigliano accorsero in massa alla chiesa conventuale per tributare al religioso gli omaggi ossequiosi della propria devozione.
Molta gente faceva ressa ressa accanto al sacro corpo, cercando di portare via qualche pezzo del saio, mentre altri si accontentavano solo di poterlo toccare, con rosari ed altri oggetti di devozione.
Ovviamente tanto entusiasmo non era esagerato, se si pensa che il Signore mirabile
sempre nei suoi Santi, non mancò di autenticare in modo sensibile, come detto prima, la gloria del suo servo, preservandone il corpo dalla corruzione.
Ed in epoca più recente precisamente l’8 Agosto del 2005, nel corso di scavi per la ristrutturazione nella chiesa detta di “San Franceschiello”, situata sotto il Santuario di Corigliano, dove visse e dimorò San Francesco di Paola e dove si conserva tuttora il grosso masso che gli serviva da guanciale, i resti di Padre Girolamo sono stati ritrovati, luogo questo che serviva da sepolcro comune dei frati, e qui riposano.
Poste in una teca, all’occhio del visitatore si presentano il cranio, un pezzo della spina dorsale, l’osso dell’avambraccio e l’osso femorale, il tutto in buono stato di conservazione.
Osservando bene il cranio si possono scorgere dei segni particolare intrecciati, che
dopo un lungo lavoro di decifrazione, è stato scoperto essere delle parole latine che così dicono: «Jeronimus Molinari Minimorum», ripetute due volte in maniera che non ci fossero dei dubbi sull’identità del cranio.
La chiara fama di santità di Padre Girolamo ha percorso i tempi, e di ciò ne abbiamo testimonianza anche nella relazione fatta in occasione della “Visita ad limina”, quella visita che ogni cinque anni i vescovi di tutto il mondo fanno al Papa per illustrare le particolarità di carattere religioso delle proprie diocesi, fatta dal vescovo di San Marco, Monsignor Livio Parladore nel 1878 al Pontefice Pio IX.
Nella sua relazione, Monsignor Parladore, parlando di Malvito tra l’altro dice: «…Incunabula dedit Beato Hieronymus Ordinis Minimorum Sanctitate conspicuo, qui abiit septuagenarius Coriolani, an. 1605».