Il Pontefice polacco nel 2001 aveva concesso un'udienza privata alla Famiglia Oblata, per il centenario della nascita di Don Mottola
Venti anni fa moriva Giovanni Paolo II, invocato dai fedeli “santo subito”Erano da poco passate le ore 22 del 2 aprile 2005, quando l’allora arcivescovo Leonardo Sandri, in quel momento sostituto della segreteria di Stato, prese la parola nel silenzio generale. «Carissimi fratelli e sorelle, alle 21.37 il nostro amatissimo Santo Padre Giovanni Paolo II è tornato alla casa del Padre». Si spegneva il pontefice che i fedeli hanno voluto “santo subito”, l’ uomo vestito di bianco e venuto “da un paese lontano” e che ha segnato la storia della Chiesa. Sono trascorsi venti anni da quel giorno e mentre sale al Signore la gratitudine orante per il dono della vita e del ministero di San Giovanni Paolo II, non possiamo dimenticare una pagina indimenticabile per tutta la famiglia degli Oblati del Sacro Cuore. Era il 15 settembre del 2001, e nel contesto del primo centenario della nascita di don Mottola, gli Oblati, accompagnati dal Vescovo di venerata memoria Mons. Domenico Tarcisio Cortese e dal Vescovo di Lamezia Terme, Mons. Vincenzo Rimedio, furono ricevuti dal Papa, in udienza privata, presso il Palazzo apostolico di Castelgandolfo.

Il Vescovo diocesano Mons. Cortese ebbe parole di grande affetto e devozione verso il Papa: “Padre Santo – disse – siamo con Lei oggi per esprimerLe, sulle orme di Don Mottola, il nostro amore filiale, la nostra fedeltà e la nostra sudditanza. Le diciamo la nostra riconoscenza per il suo alto magistero, per la sua dedizione apostolica, per il suo amore all’umanità nel tenace perseguimento della pace tra i popoli e dell’unità tra le Chiese che si ispirano a Cristo, per la sua vita esemplare offerta a tutti noi come modello”.
Il Papa, già provato nella sofferenza del suo corpo, rivolse alla famiglia oblata un bellissimo e articolato discorso, nel quale ha definito don Mottola “ sacerdote generoso e illuminato”, invitando tutti “ ad approfondire e a diffondere il tesoro di spiritualità e di apostolato che questo amato Servo di Dio vi ha tramandato”. Toccante il riferimento che volle fare alla testimonianza di don Mottola, nei lunghi anni di malattia. Quel periodo, affermò il Papa anche lui malato e provato, fu “un autentico calvario che perfezionò la sua conformazione a Cristo Crocifisso. L’immobilità fisica, aggiunse Giovanni Paolo II, “non fermò, anzi rese più intenso ed efficace il raggio della sua influenza, incidendo in profondità nelle coscienze e lasciando una eredità spirituale ancora oggi feconda di bene”.
Nel corso dell’udienza il Papa salutò personalmente il fratello maggiore dei sacerdoti Oblati, Mons. Domenico Pantano, la sorella maggiore Lucia Amato e Peppino Locane, fratello maggiore degli Oblati Laici e al termine fece una foto di gruppo con tutti i presenti.
L’8 aprile 2005, in occasione dei funerali del Papa, colpì tutti l’immagine dell’improvvisa folata di vento che sfogliò le pagine del vangelo, posto sulla sua bara. La vita del pontefice polacco è stata semplicemente questo: una continua obbedienza al vangelo di Gesù. Quel libro, il vento aveva serrato, perché la sua parola e il suo amore restassero per sempre sigillati nel cuore di chi lo aveva conosciuto e amato.