I funerali di Papa Francesco presieduti dal cardinale Re
“Ora chiediamo a Te di pregare per noi”
Città del Vaticano – “Papa Francesco soleva concludere i suoi discorsi ed i suoi incontri dicendo: “Non dimenticatevi di pregare per me”. Caro Papa Francesco, ora chiediamo a Te di pregare per noi e che dal cielo Tu benedica la Chiesa, benedica Roma, benedica il mondo intero, come domenica scorsa hai fatto dal balcone di questa Basilica in un ultimo abbraccio con tutto il popolo di Dio, ma idealmente anche con l’umanità che cerca la verità con cuore sincero e tiene alta la fiaccola della speranza”. Con queste parole, accolte da un grande applauso, il card. Giovanni Battista Re, Decano del Collegio cardinalizio, ha concluso l’omelia della messa per i funerali di papa Francesco alla presenza di 170 delegazioni estere, una decina di Sovrani e circa 50 Capi di Stato oltre a 250 mila fedeli secondo le autorità competenti, come fa sapere la Sala Stampa della Santa Sede.

Nell’omelia il card. Re ha voluto sottolineare che di fronte “all’infuriare delle tante guerre di questi anni, con orrori disumani e con innumerevoli morti e distruzioni, Papa Francesco ha incessantemente elevata la sua voce implorando la pace e invitando alla ragionevolezza, all’onesta trattativa per trovare le soluzioni possibili, perché la guerra – diceva – è solo morte di persone, distruzioni di case, ospedali e scuole. La guerra lascia sempre, è una sua espressione, il mondo peggiore di come era precedentemente: essa è per tutti sempre una dolorosa e tragica sconfitta”. E poi ha citato uno dei tanti appelli del Papa a “Costruire ponti e non muri”: una esortazione che “egli ha più volte ripetuto e il servizio di fede come Successore dell’Apostolo Pietro è stato sempre congiunto al servizio dell’uomo in tutte le sue dimensioni”, ha aggiunto. “In questa maestosa piazza di San Pietro – ha detto – “nella quale Papa Francesco tante volte ha celebrato l’Eucarestia e presieduto grandi incontri nel corso di questi 12 anni, siamo raccolti in preghiera attorno alle sue spoglie mortali col cuore triste, ma sorretti dalle certezze della fede, che ci assicura che l’esistenza umana non termina nella tomba, ma nella casa del Padre in una vita di felicità che non conoscerà tramonto”.

Dopo aver rivolto un “deferente saluto” e “vivo ringraziamento” ai Capi di Stato, ai Capi di Governo e alle Delegazioni ufficiali venute da numerosi Paesi ad esprimere “affetto, venerazione e stima verso il Papa che ci ha lasciati”, il card. Re ha detto che il “plebiscito di manifestazioni di affetto e di partecipazione, che abbiamo visto in questi giorni dopo il suo passaggio da questa terra all’eternità, ci dice quanto l’intenso Pontificato di Papa Francesco abbia toccato le menti ed i cuori. La sua ultima immagine, che rimarrà nei nostri occhi e nel nostro cuore, è quella di domenica scorsa, Solennità di Pasqua, quando Papa Francesco, nonostante i gravi problemi di salute, ha voluto impartirci la benedizione dal balcone della Basilica di San Pietro e poi è sceso in questa piazza per salutare dalla papamobile scoperta tutta la grande folla convenuta per la Messa di Pasqua. Con la nostra preghiera vogliamo ora affidare l’anima dell’amato Pontefice a Dio, perché Gli conceda l’eterna felicità nell’orizzonte luminoso e glorioso del suo immenso amore”. Nonostante la sua “finale fragilità e sofferenza”, Papa Francesco ha “scelto di percorrere questa via di donazione fino all’ultimo giorno della sua vita terrena. Egli ha seguito le orme del suo Signore, il buon Pastore, che ha amato le sue pecore fino a dare per loro la sua stessa vita. E lo ha fatto con forza e serenità, vicino al suo gregge, la Chiesa di Dio, memore della frase di Gesù citata dall’Apostolo Paolo: ‘C’è più gioia nel dare che nel ricevere’ (Atti, 20,35).

Quando il Card. Bergoglio, il 13 marzo del 2013, fu eletto dal Conclave a succedere a Papa Benedetto XVI- ha ricordato il porporato – aveva alle spalle gli anni di vita religiosa nella Compagnia di Gesù e soprattutto era arricchito dall’esperienza di 21 anni di ministero pastorale nell’Arcidiocesi di Buenos Aires, prima come Ausiliare, poi come Coadiutore e in seguito, soprattutto, come Arcivescovo. La decisione di prendere il nome Francesco apparve subito come la scelta di un programma e di uno stile su cui egli voleva impostare il suo Pontificato, cercando di ispirarsi allo spirito di San Francesco d’Assisi. Conservò il suo temperamento e la sua forma di guida pastorale, e diede subito l’impronta della sua forte personalità nel governo della Chiesa, instaurando un contatto diretto con le singole persone e con le popolazioni, desideroso di essere vicino a tutti, con spiccata attenzione alle persone in difficoltà, spendendosi senza misura, in particolare per gli ultimi della terra, gli emarginati. È stato un Papa in mezzo alla gente con cuore aperto verso tutti”. Inoltre è stato un Papa “attento al nuovo che emergeva nella società ed a quanto lo Spirito Santo suscitava nella Chiesa”. Ha cercato, ha quindi detto il decano del Collegio Cardinalizio, di “illuminare con la sapienza del Vangelo i problemi del nostro tempo, offrendo una risposta alla luce della fede e incoraggiando a vivere da cristiani le sfide e le contraddizioni di questi nostri anni di cambiamenti, che amava qualificare ‘cambiamento di epoca’. Un uomo “ricco di calore umano e profondamente sensibile ai drammi odierni”, ha “realmente condiviso le ansie, le sofferenze e le speranze del nostro tempo della globalizzazione, e si è donato nel confortare e incoraggiare con un messaggio capace di raggiungere il cuore delle persone in modo diretto e immediato. Il suo carisma dell’accoglienza e dell’ascolto, unito ad un modo di comportarsi proprio della sensibilità del giorno d’oggi, ha toccato i cuori, cercando di risvegliare le energie morali e spirituali. Il primato dell’evangelizzazione è stato la guida del suo Pontificato, diffondendo, con una chiara impronta missionaria, la gioia del Vangelo, che è stata il titolo della sua prima Esortazione Apostolica Evangelii gaudium”.
Era convinto che la Chiesa doveva essere “una casa per tutti; una casa dalle porte sempre aperte. Ha più volte fatto ricorso all’immagine della Chiesa come ‘ospedale da campo’ dopo una battaglia in cui vi sono stati molti feriti; una Chiesa desiderosa di prendersi cura con determinazione dei problemi delle persone e dei grandi affanni che lacerano il mondo contemporaneo; una Chiesa capace di chinarsi su ogni uomo, al di là di ogni credo o condizione, curandone le ferite. Innumerevoli sono i suoi gesti e le sue esortazioni in favore dei rifugiati e dei profughi” a partire dal suo primo viaggio a Lampedusa e poi la costante “insistenza” nell’operare a favore dei poveri. Dei suoi 47 Viaggi Apostolici resterà nella storia in modo particolare quello in Iraq – ha sdetto il card. Re – nel 2021, compiuto “sfidando ogni rischio”. E poi con la Visita Apostolica del 2024 a quattro Nazioni dell’Asia-Oceania, Francesco ha raggiunto “la periferia più periferica del mondo”. E nella lettera Enciclica “Fratelli tutti” ha voluto “far rinascere un’aspirazione mondiale alla fraternità, perché tutti figli del medesimo Padre che sta nei cieli”. La Liturgia Esequiale è stata concelebrata dai Cardinali e dai Patriarchi delle Chiese Orientali. La bara, accolta sul sagrato da un caloroso applauso, è stata portata in spalla da 14 sediari. Ai piedi della bara un mazzo di fiori bianchi e il Vangelo aperto sopra. Al termine della solenne Celebrazione Eucaristica l’Ultima Commendatio (ultima raccomandazione) e la Valedictio (commiato). Il Cardinale Vicario per la diocesi di Roma, Baldassare Reina, guida la supplica della Chiesa di Roma. Quindi i Patriarchi, gli Arcivescovi Maggiori e i Metropoliti delle Chiese Metropolitane “sui iuris” orientali cattoliche, si recano davanti al feretro per la supplica delle Chiese Orientali. Poi il Card. Re, asperge con l’acqua benedetta la salma del Pontefice defunto e la incensa. Da qui il viaggio verso la Basilica di Santa Maria Maggiore dove sarà tumulato.