Il 22 febbraio mons. Alberto Torriani, chiamato da Papa Francesco a guidare la diocesi di Crotone-Santa Severina, riceverà a Milano l'ordinazione episcopale
“Mi immagino vescovo partendo dai ragazzi e dai giovani”Tra quattro giorni, nel Duomo di Milano, l’arcivescovo Mario Delpini presiederà la Messa per l’ordinazione episcopale di mons. Alberto Torriani, scelto lo scorso 11 dicembre da Papa Francesco come arcivescovo di Crotone-Santa Severina.
Mons. Torriani, 54 anni a novembre, di Bollate (MI), farà il suo ingresso a Crotone il prossimo 30 marzo. Questa a Parva Favilla è la sua prima intervista rilasciata ad un giornale calabrese.

Mons. Torriani, lei è stato ordinato sacerdote dal cardinale Martini: quanto ha inciso nella sua formazione, questa imponente figura di pastore?
Ciascuno di noi è generato – e continua ad esserlo – da una storia che lo ha preceduto e che è stata caratterizzata da persone e incontri che questa storia l’hanno caratterizzata fino a dandole scopo, forza e direzione. Per me, e per tanto sacerdoti della mia età, il card. Martini è stato uno di questi segni che hanno contribuito a formare il tratto della mia storia vocazionale e sacerdotale. L’amore per la Parola di Dio come criterio interpretativo della vita e della società ne è stato un elemento distintivo.
Lei appartiene alla Chiesa di Sant’Ambrogio, a quella di San Carlo, alla chiesa di San Giovanni Battista Montini, Paolo VI: quale impronta ne porterà in Calabria?
Con me porterò i segni e i tratti di una Chiesa che mi ha generato: una cura specifica per i giovani; un sincero e schietto rapporto con la cultura e la società; un luogo dove hanno trovato le strade della santità tanti pastori. E poi la creatività e l’intraprendenza generata da un grande amore per la propria terra.
Nel profondo Sud Italia un vescovo che viene dalla Lombardia: immagino che neanche lei se l’aspettasse. Cos’ha pensato prima di accettare?
Non ho avuto il tempo per elaborare la proposta: l’accettazione della nomina è avvenuta, di fatto, contestualmente alla sua comunicazione. Mi sono chiesto, in quei pochi istanti, se fossi stato felice, come prete in futuro, se avessi detto di no. Se non mi fossi affidato allo Spirito: mi è venuto naturale escludere questa opzione. Non sarei stato felice, non sarei stato fedele alla mia vocazione e al dono della mia vita. Tutto qui: il resto è puro affidamento.
Quale pensa possa essere la missione che, con questa elezione, Papa Francesco abbia inteso affidarle?
Una missione, come mi ha detto anche in occasione di colloqui personali, di ‘vicinanza’. A Dio (dove trarre forza e ragioni del ministero); ai confratelli vescovi (espressione di una comunione nella Chiesa); ai preti (luogo della paternità evangelica) e alla gente (espressione del tratto pastorale).
Conosce la Calabria? Qual è la Sua percezione di questa regione?
Non conosco la Calabria, se non nei racconti di qualche amico o per via di un’esperienza estiva di animazione in Aspromonte che feci da giovane prete con alcuni ragazzi della Parrocchia di Monza. La conosco quindi dai racconti e delle memorie: mi darò il tempo per conoscerla nella sue profondità, nelle sue ricchezze e contraddizioni, nelle sue povertà e nelle suoi slanci.
Negli ultimi otto anni è stato Rettore del Collegio San Carlo di Milano, si è occupato di pastorale giovanile anche nelle parrocchie: quanto crede che questa sua esperienza con i giovani possa incidere, nello svolgimento del Suo magistero episcopale?
Ciascuno è figlio della sua storia, è generato dalle esperienze e dagli incontri che ha vissuto. Gli anni del ministero sacerdotale a contatto con i giovani mi hanno segnato nel linguaggio, nello sguardo e nell’ascolto. Mi hanno fatto toccare con mano l’opera creativa dello Spirito che fa miracoli quando lo si lascia ‘scorrazzare’ all’interno di desideri e idee. Mi immagino vescovo partendo da qui, e spero di continuare ad esserlo in modo particolare per i giovani e i ragazzi che incontrerò.
“Nord Sud, l’Italia da riconciliare” è il titolo di un libro di Domenico Nunnari che 33 anni fa, offriva sul tema della coesione e della riscossa morale i contributi di due indimenticati pastori della chiesa milanese (di nuovo, Carlo Maria Martini) e di quella, guarda caso, crotonese (Giuseppe Agostino). Lei crede che quel confronto-incontro dischiuso in ambito ecclesiale sia ancora attuale? E che possa avere ancora, oggi, una valenza “politica”?
Ogni gesto ecclesiale è un gesto ‘politico’, nel senso più bello ed estensivo della parola. Perché riguarda gli uomini e le donne, negli spazi del loro sperare e del loro amare, del loro soffrire e del loro attendere… in una parola del loro ‘vivere’. Sfruttiamo questa ulteriore occasione di incontro per costruire quella cultura dell’incontro di cui parla Papa Francesco.
Arrivato a Crotone, quale sarà la prima cosa che dirà? E la prima che farà?
Non so ancora quali parole dirò per prime. Ma non sempre sono quelle più importanti, forse saranno quelle generate dalle prime emozioni o dai primi timori, ma non sempre sono quelle vagliate dagli ascolti e dalla preghiera. So cosa farò: all’interno dei giorni di accoglienza, che culmineranno con la solenne celebrazione del 30 marzo al Palamilone, incontrerò alcune persone in contesti significativi della diocesi. Tra questi i giovani, di cui già da giorni ne sto immaginando i volti e la vivacità.