Convegno al Seminario San Pio X di Catanzaro
La “scomodità” di don Mottola, che ci scuote dal nostro torporeStoria che si fa esempio, ricordi che diventano prospettiva, riflessioni alte come una preghiera. È stato un coro polifonico di voci sulla figura del beato Francesco Mottola, quello risuonato nel convegno al Seminario San Pio X di Catanzaro. Nell’Aula Magna a lui intitolata, nel Seminario – oggi diretto da don Mario Spinocchio – dove lo stesso Beato si formò per diventare sacerdote.

Qui, Ernesto Lamanna ha tracciato da storico il percorso tutto calabrese del fondatore delle Case della Carità (letture di Anna Lidia Rao) dopo che , in apertura, una fiammella era stata accesa in una lampada posta sul tavolo dei relatori: un richiamo a quella “povera lampada che arde”, l’immagine tanto cara a chi ha dato vita alle Oblate ed agli Oblati del Sacro Cuore. E tante “parvae favillae” hanno trovato il riflesso nelle parole di don Giuseppe Biamonte su questo pellegrino di speranza proclamato Beato quattro anni fa; in quelle di don Pasquale Brizzi (splendide, nel disegnarne la risposta profetica alla crisi del nostro tempo); nelle parole che don Francesco Fodaro ha scelto per descrivere la passione del sacerdote tropeano per il Sacro Cuore di Gesù).


“Per non correre il rischio di smarrire le intuizioni profetiche di Don Mottola – ha detto quindi mons. Attilio Nostro – abbiamo due strade. Da un lato, l’amore viscerale per i poveri, quella commozione che nella Bibbia viene riportata per dodici volte, nei Vangeli, ed è bellissimo perché sono dei momenti in cui Gesù piange, Gesù si commuove: Gesù si muove, Gesù avanza-verso. E dall’altro lato la coscienza – ha aggiunto il vescovo di Mileto, Nicotera e Tropea -: Cristo era nel cuore del Padre, noi siamo chiamati ad entrare nel cuore cel Padre attraverso il cuore di Cristo. Capire quanto è costato a Cristo amarci, perdonarci, giustificarci e presentarci puri al Padre. Oggi – sono parole di mons. Nostro – un sacerdote mi ha detto: «Sono commosso perché al funerale della mia mamma sono venuti i poveri del mio paese». Ed è bello perché? Perché evidentemente il linguaggio più adeguato, il linguaggio dell’amore, è il linguaggio da povero (e parlo di Cristo) a povero.
Se noi purtroppo siamo pieni, siamo ricchi, abbiamo già il cuore, lo stomaco colmo di altri pensieri, non c’è spazio per Dio. E in questo senso – ha sottolineato il vescovo della diocesi del Beato –sono contento del fatto che don Mottola sia scomodo anche per noi, per noi vescovi, per noi sacerdoti, per noi come diocesi. Perché altrimenti chi ci scuote dal nostro torpore? Dal fatto che adottiamo sempre rimedi un po’ soporiferi, un po’ comodi, un po’ piccolo-borghesi? E allora ben venga che davvero don Mottola ci tolga le scarpe, ci tolga le calze e ci faccia camminare a piedi nudi nel cuore delle persone”.

L’arcivescovo Claudio Maniago, dal canto suo, si è detto “grato perché si è fatto questo convegno qui a Catanzaro per sottolineare con forza il legame che c’è fra questo Beato e la nostra diocesi: anche noi abbiamo il dovere di custodire questa particolarità”. L’arcivescovo catanzarese si è quindi soffermato sulla prospettiva che don Mottola aveva di “pastore in mezzo alla gente. Prima del Concilio – ha spiegato il presule – questa espressione non era così comune come appare oggi: i presbiteri stavano nel presbiterio, distinto da quella che era l’aula, destinata ai laici, non solo in chiesa ma anche nei seminari. Invece il Concilio riporta il sacerdote in mezzo al popolo di Dio. Don Mottola è stato anche in questo uomo del Concilio, senza dimenticarci – ha evidenziato mons. Maniago – di quell’attenzione che lui ha avuto pure verso il mondo dei laici, verso l’Azione Cattolica e quelle associazioni con le quali incarnava ciò che sempre il Concilio dice del mondo laicale”.

Don Francesco Sicari, Fratello Maggiore dei sacerdoti Oblati del Sacro Cuore, ha portato i saluti delle Oblate e del postulatore della causa di beatificazione, don Enzo Gabrieli. “Don Mottola è cercato, è pregato – ha affermato quindi il sacerdote – , conforta tanti, tutti quelli che si fanno pellegrini alla sua tomba o ai suo luoghi a Tropea, conforta tutti quelli che accolgono la sua reliquia nelle diverse parrocchie calabresi con emozione grande. Don Mottola continua ad essere vivo – ha rimarcato don Sicari –. Non è un santino da collezione, né un santo chiuso in una nicchia, ma è un compagno di strada per molti, a cui continua a parlare con la forza della sua testimonianza”.

Sul rapporto tra don Mottola e il mondo laicale sono tornati gli interventi conclusivi del convegno, moderato da mons. Pino Silvestre. La professoressa Clotilde Abonico ha documentato il forte legame tra don Mottola e l’Azione Cattolica, mentre sul concetto della santità per i laici si è soffermato il professore della Lumsa Paolo Martino, che è Presidente della Fondazione Don Francesco Mottola, intervenuto in collegamento da Roma.
Cosa vuol dire testimoniare da laici il messaggio del beato Francesco Mottola? Emblematica la risposta data nel suo intervento dal neuropsichiatra Bruno Pisani, Fratello Maggiore degli Oblati laici del Sacro Cuore : “Vuol dire essere chiamati nel suo nome a spenderti, anche, dove non avresti voglia. Andare dove ti manda don Mottola”.

