Tesi di laurea di Gabriele Vallone, già vincitore del “Premio Don Mottola” 2024
La cura integrale del medico MoscatiErano quanto mai diverse, rispetto ad oggi, le condizioni nelle quali San Giuseppe Moscati esercitava la sua attività di medico. A cavallo tra il 1800 ed il 1900, il concetto odierno di servizio sanitario pubblico era ancora troppo lontano. La società del tempo era completamente priva di un vero e proprio sistema socio sanitario, l’ordinamento ospedaliero esistente era ancora in fase di sviluppo e, soprattutto, era opinione comune che il cattolicesimo costituisse un impedimento all’evoluzione del progresso scientifico. Le connotazioni distintive del medico o dello scienziato erano piuttosto il laicismo, la massoneria e l’ateismo.

Eppure, Giuseppe Moscati non solo riuscì a coniugare fede e ragione, ma dimostrò l’urgenza di valorizzare nel rapporto medico-paziente il concetto di vita, nella sua integrità, che comprende l’aspetto fisico, psichico e spirituale dell’uomo.
Poggia su questi presupposti, l’interessante tesi di laurea con la quale Gabriele Vallone (il vincitore lo scorso anno della 32esima edizione del “Premio Don Mottola”, per la sua tesi di baccalaureato sulla calabresità del Beato tropeano ) ha conseguito a Catanzaro la licenza in Teologia morale sociale-indirizzo bioetico, con la votazione di 110/110 con lode, presso l’Istituto Teologico Calabro “San Pio X” – Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale.
Titolo emblematico – “Il medico e la cura. Esperienza e profezia di Giuseppe Moscati” – quello del lavoro di Vallone, che suggerisce inevitabili richiami ad una realtà odierna fatta di carenza di personale medico, lunghe attese per visite ed esami specialistici, strutture inadeguate nella perenne invocazione di soluzioni contemporanee. Una tesi di laurea che rimanda, in una parola, alla preoccupante crisi in cui versa oggi la sanità pubblica, nella quale il malato sconta un disorientamento crescente e la figura del medico rischia di trasformarsi in quella di un tecnocrate.

Tra i tanti settori della medicina di cui si occupò Giuseppe Moscati, figura quello bioetico, concetto ancora molto distante dalla moderna bioetica (termine adoperato per la prima volta nel 1970 dall’oncologo americano Van Rensselaer Potter).
Ma già negli anni Venti del Novecento, un argomento di carattere bioetico quale l’eugenetica, cominciò ad affacciarsi sul panorama scientifico in ordine ai temi della procreazione e della natalità. Il prof. Moscati (proclamato santo da Papa Giovanni Paolo II nel 1987), con onestà intellettuale e profonda sensibilità, rivendicò la difesa dei valori umani e, rifacendosi all’etica e alla morale cristiana, biasimò ogni forma di sterilizzazione e di pratica antinatalista (di grande attualità a 50 anni dalla nascita del Movimento per la Vita).
Al terzo capitolo, quello più peculiarmente bioetico appunto, della tesi, Gabriele Vallone dedica più estesamente la sua ricerca, rilevando che l’attività del medico, concentrandosi anzitutto sulla “carne” di un corpo umano, è per la cura di una vita che rappresenta la sintesi di un’intera esistenza: fatta di senso, valore, libertà e anche di morte, così come fu nell’esempio del medico e ricercatore campano.
Resterebbe da domandare all’autore della tesi su Moscati cosa abbia spinto verso gli studi di Teologia un giovane laico come lui, che insegna religione nelle scuole secondarie di primo e secondo grado, ed è già al secondo mandato come consigliere comunale a Parghelia, con delega alla Cultura e alla Pubblica Istruzione.
“Sicuramente l’amore e il servizio alla persona umana – è la risposta a Parva Favilla di Gabriele Vallone -, e soprattutto la fede, che anima tutto questo.”