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Se n'è parlato lo scorso 29 giugno in occasione dell'edizione 2025 del Premio intitolato al sacerdote tropeano

La beatificazione di Don Francesco Mottola: un’eredità da non disperdere

La recente beatificazione di don Francesco Mottola non è il punto di arrivo di un processo di santità, tanto difficile ma anche tanto esaltante, che ha portato agli onori degli altari un figlio della Chiesa che è a Tropea. Essa come tale non si esaurisce con il riconoscimento da parte della Chiesa ufficiale della esemplarità della vita di un uomo, vissuto tra noi, la cui esistenza è stata tanto spesa nell’amare Dio e nell’amare l’uomo da essere proposto ai credenti come modello di santità. La beatificazione è, invece e soprattutto, il punto di partenza di una presa di coscienza della chiamata alla santità da parte nostra e un richiamo per coloro che sull’esempio di don Mottola, quasi “stregati” dalle sue scelte di vita, vogliono come lui mettersi al servizio di tutti facendosi “samaritano” per ogni uomo incontrato sulla propria strada e costruendo così il Regno di Dio qui e ora, nella vita di ogni giorno, tra le difficoltà e le incertezze dell’esistenza.

Da sinistra: il prof. Antonio Gentile, don Pasquale Russo, don Giuseppe Florio; il Presidente della Fondazione Don Francesco Mottola, prof. Paolo Martino; il prof. Carmine Matarazzo.

La santità non è qualcosa da guardare al di fuori di noi con stupore e con un certo distacco, come se riguardasse solo gli altri, e non, invece, ciascuno di noi, nella nostra individualità. Il credente è chiamato a testimoniare il Risorto tra i fratelli, non a parole, ma con gesti e azioni, che si richiamino agli insegnamenti del Signore Gesù. La santità vera è nella testimonianza del grande amore di Dio per noi (1Gv 4,16). Fu questa la scelta di vita di don Mottola, maturata fin dai suoi anni giovanili, che lo ha portato alla santità. Ed è anche la scelta che noi tutti sul suo esempio siamo chiamati a fare nostra come segno di fedeltà a Dio e all’uomo e come condizione della nostra sequela.

Ė dall’evento della beatificazione di don Mottola che bisogna ripartire per iniziare a fare una riflessione più approfondita sulla sua figura e riprendere da lui una eredità di santità, della quale tutti noi come battezzati siamo destinatari. Non basta un semplice richiamo a un qualche episodio significativo della vita del Beato, o a un testo particolare dei suoi scritti, per considerarsi suoi imitatori ed entrare nel suo orizzonte di vita, partecipi della sua santità. Limitarsi a questo potrebbe significare rinunciare a comprendere cosa significhi in realtà essere santi e vivere nella santità, confinando il sacerdote di Tropea nel mondo di una memoria che vuole solo dimenticare e rimuovere. C’è il rischio, non tanto remoto, di creare attorno al Beato un devozionismo di maniera, che lascia la vita reale così com’è, senza rimettere in questione le scelte di ciascuno e iniziare un processo di conversione.

L’evento del 29 giugno 2025 (nel 56esimo anniversario del transito in Cielo del Beato Francesco Mottola) nel salone della Casa Madre dell’Istituto delle Oblate del Sacro Cuore, a Tropea.

Di questa eredità di santità, lasciata in dono a ciascuno di noi da don Mottola, si è fatta memoria condivisa il 29 giugno 2025 nel salone della Casa Madre di Tropea, in occasione della presentazione di due volumi apparsi di recente sul Beato di Calabria e del conferimento del Premio don Mottola 2025. A presentare i due volumi sono stati i proff. Carmine Matarazzo, direttore del biennio di specializzazione in Teologia Pastorale presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale – Sez. S. Tommaso- Napoli e il prof. Antonio Gentile, psicologo e psicoterapeuta, docente di psicologia presso la stessa Facoltà Teologica. Erano presenti Mons. Attilio Nostro, Vescovo della Diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea, don Francesco Sicari, Fratello Maggiore dei Sacerdoti Oblati, Rosetta Costa, Sorella Maggiore della Famiglia Oblata, il prof. Paolo Martino, Presidente della Fondazione don Francesco Mottola, Antonella Marincola, vice Presidente della stessa Fondazione, e molte altre persone, alcune delle quali venute anche da fuori. Nella rilettura delle due opere da parte dei due presentatori è emersa la figura magnifica di un uomo, che è diventato santo anche per noi, perché guardando a lui e alle scelte della sua vita potessimo diventare santi anche noi, secondo l’invito dell’apostolo Paolo ai Filippesi ai quali raccomandava: «Fatevi miei imitatori, fratelli, e guardate quelli che si comportano secondo l’esempio che avete in noi» (Fil 3,17).

La giornalista e scrittrice Vittoria Saccà, presidente del Comitato per il Premio Don Mottola, presenta il momento della manifestazione riservato all’edizione 2025 del riconoscimento.

Il primo dei due volumi (Dalla parte degli ultimi. La scelta di vita di don Francesco Mottola, a cura di Pasquale Russo e di Vittoria Saccà, La Valle del Tempo, Napoli 2024) è una raccolta di contributi di Giuseppe Florio, Domenico Marafioti, Paolo Martino, Luciano Meligrana, Pasqualino Pandullo, Rocco Pititto e Pasquale Russo, preparati in occasione di convegni tenutisi di recente sul Sacerdote di Tropea. Sono contributi che, da punti di vista diversi, presentano il profilo di santità di don Mottola nel suo essere un’espressione della sua forte determinazione a diventare santo e intraprendere un cammino di santità, che ha caratterizzato i suoi anni. Don Mottola diventò santo della “porta accanto”, per usare un’espressione di Papa Francesco, perché lo volle fortemente a costo di sacrificare la sua vita e offrirla in olocausto al suo Signore. Vivendo nel suo tempo in una società ridotta in frantumi e fortemente degradata sul piano sociale e religioso, si adoperò per restituire all’uomo oppresso e indifeso – gli «scartati» del suo tempo – la sua dignità di Figlio di Dio. Lottò oltre le sue forze per affermare i diritti di Dio sull’uomo e sulla società, contro le chiusure delle forze politiche del tempo, le incomprensioni delle autorità ecclesiastiche, le preclusioni e i pregiudizi dei tanti benpensanti. Ė in questo ambito di riflessioni che diventa legittimo chiedersi cosa rimane della sua eredità e cosa possiamo fare noi suoi tardi eredi perché niente del suo messaggio e della sua opera vadano perduti e possa ancora risplendere tra noi il suo carisma, riflesso della tenerezza di Dio. Il tesoro di questa eredità, come suggerisce la parabola della lampada, non può essere nascosto sotto un vaso o messo sotto il letto, ma deve essere posto «su un candelabro, perché chi entra veda la luce» (Lc 8, 16-18). L’eredità data in dono da don Mottola deve essere messa a frutto, così che quando ritornerà dal suo viaggio il Signore della parabola dei talenti potrà apprezzare l’operato dei suoi servi e dare loro la giusta ricompensa (Mt 25,14-30). Nessun talento va sprecato

Il secondo volume presentato è la tesi di laurea in Teologia Pastorale (La catechesi narrativa di don Francesco Mottola, Cantagalli, Siena 2025), discussa il 12 luglio del 2024 da don Giuseppe Florio presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale – Sez. S. Tommaso- Napoli. Il volume apre un nuovo capitolo nella bibliografia mottoliana e copre un vuoto di studi sulla sua teologia, studiata e conosciuta poco e in modo frammentario, senza arrivare a dare una visione d’insieme. Finora, dopo gli studi iniziali di don Ignazio Schinella e in parte quelli di Mons. Gerolamo Grillo, è mancato uno studio ampio e sufficientemente documentato sull’opera teologica di don Mottola. Scavando dentro i suoi scritti si potrebbe ricostruire la teologia di riferimento del suo tempo, di cui il sacerdote di Tropea si è nutrito e delineare delle linee di una riflessione teologica, che confluiscono in una teologia dell’accoglienza e della solidarietà, una forma di teologia realizzata dal nostro Beato nella pratica più che teorizzata. Molti gli elementi presenti in tal senso negli scritti mottoliani, anche se manca il carattere di una visione complessiva. 

Il vescovo di Mileto, Nicotera e Tropea, mons. Attilio Nostro, consegna il Premio don Mottola 2025 al vincitore, don Giuseppe Florio.

Da parte sua, Giuseppe Florio scopre negli scritti di don Mottola una specie di anticipazione della teologia narrativa, una teologia che si è sviluppata in Europa negli ultimi decenni del Novecento. Consapevole dell’importanza di questa scoperta, Florio costruisce la sua tesi riportando e leggendo la teologia di don Mottola sulla falsariga della teologia narrativa. La svolta negli studi su don Mottola operata da Florio è importante, perché riporta in primo piano la necessità di un nuovo modo di parlare di Dio e su Dio oggi, una preoccupazione che angustiava il sacerdote di Tropea, sgomento della fuga degli uomini da Dio. Quella di Florio è un’operazione intelligente e coraggiosa, che ritorna più attuale oggi, quando nei contesti della società secolarizzata si avverte maggiormente la necessità di un annuncio del Dio di Gesù Cristo all’uomo di oggi, seguendo e ricercando nuove vie. Una teologia del cuore, più che una teologia argomentativa, può diventare l’inizio dell’annuncio del Vangelo di Gesù Cristo a un uomo che sperimenta la lontananza e il silenzio di Dio. 

Il prof. Carmine Matarazzo ha proposto l’istituzione di borse di dottorato in teologia, destinate al riordino ed alla pubblicazione del ricco epistolario di don Mottola.

Proseguendo sulla linea tracciata da Florio, è oltre modo necessario restituire alla figura di don Mottola il suo posto nel cattolicesimo italiano del Novecento. Don Pasquale Russo nel suo intervento non ha esitato a considerare don Mottola accanto a due figure rappresentative del cattolicesimo del Novecento come don Primo Mazzolari e don Lorenzo Milani, figure ricordate più volte da Papa Francesco e recentemente da Papa Leone. Poco sappiamo ancora dell’influenza esercitata da don Mottola su personaggi e figure della cultura cattolica del Novecento, alcuni dei quali suoi interlocutori epistolari. La pubblicazione dell’epistolario di don Mottola potrebbe colmare questa lacuna, riportando sulla scena intellettuali, politici, sindacalisti, uomini di chiesa, gente comune, con i quali don Mottola ebbe intensi scambi epistolari e attraverso questi scritti orientò le scelte di molti di loro. Va in questa direzione la proposta del prof. Matarazzo di finanziare delle borse di dottorato in teologia allo scopo di mettere ordine nell’epistolario di don Mottola, pubblicare le sue lettere e ricostruire il contesto di relazioni, legami e influenze nel quale don Mottola ebbe un suo ruolo da protagonista nel cattolicesimo del Novecento.

Su questo si misura anche la nostra fedeltà all’eredità ricevuta in dono da don Mottola.