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Nella sede dell'Istituto di Studi Religiosi "San Giuseppe Moscati"

Il web come un continente da abitare. Parva Favilla presentata a Vibo Valentia

  Conferma di un impegno antico con strumenti nuovi, condivisione di testimonianze ispirate da don Mottola, indicazione di nuove prospettive sul terreno della comunicazione digitale. La presentazione nella nostra rivista “Parva Favilla” a Vibo Valentia si è sviluppata lungo queste tre direttrici.

Il moderatore della presentazione a Vibo Valentia, Roberto Garzulli (a sinistra) introduce il saluto di don Piero Furci, Vicario generale della Diocesi di Mileto, Nicotera e Tropea.

Emblematico il luogo scelto per l’incontro, moderato dal docente Roberto Garzulli nella sede dell’Istituto di Studi Religiosi “San Giuseppe Moscati”. 

Il primo saluto, è venuto da don Piero Furci, vicario generale della Diocesi di Mileto, Nicotera e Tropea guidata dal vescovo mons. Attilio Nostro. Quale delegato dal Direttore dell’Istituto di Studi Religiosi mons. Filippo Ramondino, ha parlato don Pasquale Sposaro, parroco di Rombiolo. Per le Oblate del Sacro Cuore di Gesù, il saluto di Liliana Vita.

  A disegnare il vasto orizzonte enunciato nel titolo dato all’incontro, “Una comunicazione disarmata e disarmante: il beato Francesco  Mottola, lo sguardo diverso sul mondo e la rivista Parva Favilla” è stato don Francesco Sicari, Fratello Maggiore dei Sacerdoti Oblati: “Quello sguardo diverso sul mondo a cui faceva riferimento il Papa Leone – ha detto don Sicari – in don Mottola è la conseguenza di un’anima che ogni giorno si immergeva nel mistero di Dio. E questo sguardo, illuminato dal Cielo – ha aggiunto – in don Mottola poi si traduceva in pensiero, in riflessioni poetiche e spirituali che, mediate dai suoi scritti, hanno raccontato il vissuto, la storia di questa terra, la passione della sua gente, la fede di questi uomini, la forza nel vivere ogni giorno un vangelo incarnato, capace di rinnovare la vita e di costruire percorsi di luce e di speranza.

Don Francesco Sicari, Fratello Maggiore dei Sacerdoti Oblati del Sacro Cuore di Don Mottola.

Don Mottola è stato un prete che aveva compreso bene il ruolo della cultura e delle comunicazioni nello sviluppo della Chiesa e della società, ella formazione delle coscienze e nel rinnovamento della vita.

E «quando la mano sacerdotale che sostiene Parva Favilla si irrigidirà nella morte – ha detto ancora don Sicari, citando una frase scritta dal Beato di Tropea nel 1939 – prendete o fratelli questa povera lampada perché non si spenga». In tutti questi anni, la rivista cartacea a cui da un anno si è aggiunto il sito internet ha cercato di essere fedele a questa consegna che don Mottola ci ha lasciato”.

  Di taglio esperienziale i due interventi successivi. Prima, quello del Fratello Maggiore degli Oblati laici, Bruno Pisani, il quale ha risposto alla domanda «cos’è un Oblato?» descrivendo alcuni episodi recenti, legati alla sua professione di neuropsichiatra. Come la chiamata della madre di un giovane depresso, che senza studiare né lavorare viveva chiuso in casa da dieci anni (“oggi sono questi i nuju du mundu”). O come la decisione di accettare un incarico, per contrastare il fenomeno dei suicidi presso il carcere di Vibo Valentia, che aveva rifiutato (“Poi dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria mi hanno richiamato: «Abbiamo saputo che lei fa parte degli Oblati di Don Mottola: come fa a rifiutare?»”). A volte – ha commentato Pisani – mi sembra di lavorare lì dove mi chiama don Mottola”. 

Il Fratello Maggiore degli Oblati laici del Sacro Cuore, Bruno Pisani, interviene alla presentazione di Parva Favilla a Vibo Valentia

 Del Beato, il Fratello Maggiore degli Oblati laici ha sottolineato la determinazione con la quale ha vissuto sin da giovane la sua vocazione sacerdotale, superando così traumi come la morte della madre e del fratello.

 “Sono nato di fronte alla Casa della Carità di Vibo – ha poi evidenziato Pisani- e Don Mottola è arrivato a casa mia prima di me, perché quando sono nato, già in casa mia si parlava di questo sacerdote. E quindi,  poi ho visto ciò che don Mottola ha realizzato. Oggi un giovane verrà coinvolto da noi, in base alla nostra testimonianza. È come se mi avesse visto di nascosto: al termine della giornata avrà visto delle cose che lo attirano, per cui mi ammira?”. 

  Un’altra esperienza professionale, quella di grafico pubblicitario, è stata il filo conduttore della testimonianza di Mariella Matera. “Proprio da grafico – ha detto – ho conosciuto Parva Favilla e la spiritualità di Don Mottola”. Mariella ha raccontato il concatenarsi di eventi che le hanno rivelato la sua vocazione di comunicatrice di quel Risorto, che ha colmato di gioia la sua vita: “Io lavoro nel web, facendo la social media manager, avendo un’agenzia di comunicazione – ha spiegato – allora era lì che dovevo portare quella freschezza con cui il Vangelo parlava alla mia vita.” Crea un blog e lo chiama Alumera, così come nell’idioma dialettale è chiamata la lampada ad olio, un’immagine che richiama direttamente la figura del Beato di Tropea.

Alumera, cioè la missionaria digitale Mariella Matera.

Sulla rete, la giovane blogger scopre “una Chiesa così viva, così ardente, che non era quella che avevamo nelle nostre chiese, che un po’ si era smarrita, dove i giovani non c’erano.  Invece poi la prima cosa che ho percepito sul web è la fame di assoluto dei giovani: una sete d’immenso. Durante il Sinodo – è sempre Mariella Matera a raccontare – Papa Francesco chiede al Dicastero per la Comunicazione che la Chiesa senta la voce delle persone sul web: «Lì c’è una Chiesa che non riusciamo a trovare nella realtà» e così con il Dicastero sono stati individuati dei profili di blogger che evangelizzavano on line; è nata la qualifica di  «missionario digitale»; sono state raccolte le risposte, le esigenze della gente e sono state portate al tavolo nel Sinodo, insieme al quelle di tutti i continenti. Proprio il web insomma  è arrivato ai tavoli sinodali, come un altro continente, non un luogo fuori dall’ordinarietà, non uno strumento, ma come luogo da abitare.”

  “E da un anno a questa parte, anche la nostra rivista abita sul web”, ha detto il direttore Pasqualino Pandullo, il quale, concludendo la serie degli interventi, ha illustrato le varie sezioni di cui è composto il sito parvafavilla.it“Ci siamo chiesti – ha spiegato il giornalista – se in Calabria esiste lo spazio per una rivista di informazione religiosa e culturale come quella fondata dal beato Francesco Mottola nel 1933 e divenuta digitale nel 2024 (sicché dovremmo dire più precisamente, proprio perché digitale, una rivista radicata nella Calabria e puntata verso … il mondo). La risposta che ci siamo dati è che quello spazio esiste.

Pasqualino Pandullo (a sinistra in piedi), direttore di Parva Favilla, illustra le sezioni della rivista in versione digitale parvafavilla.it

  In conclusione Pandullo insieme con Garzulli, hanno invitato i partecipanti all’incontro vibonese ad iscriversi gratuitamente al canale Whatsapp di Parva Favilla per ricevere i link degli articoli, di volta in volta pubblicati sulla rivista digitale.