Nei cinema il film su Gioacchino da Fiore
Il monaco che vinse l’apocalisseIl 5 dicembre è uscito “Il Monaco che vinse l’Apocalisse”, un film di Jordan River che ha tutte le carte in regola per diventare un Kolossal della cinematografia mondiale.
Questo progetto, al quale la Delta Star Pictures ha lavorato per quasi cinque anni, è ispirato alla vita e al pensiero di Gioacchino da Fiore, un monaco calabrese del medioevo noto per la sua ricerca teologica e la sua fede in Dio, che hanno guidato la sua esistenza e la sua profetica lettura degli eventi storici, travalicando i confini italiani.

Nato nel 1135 a Celico, vicino alla Sila, in una famiglia benestante, Gioacchino frequentò i notabili della città e la corte di Federico II a Palermo. Dopo un viaggio in Terra Santa, venne ispirato dall’esperienza del monachesimo eremitico, che tentò di rivivere prima sulle pendici dell’Etna, poi nel rendese, e infine nell’abbazia della Sambucina a Luzzi. Entrato tra i cistercensi di Corazzo, fu ordinato sacerdote e nel 1177 divenne abate.
La sua fama di santità è evidente nei numerosi scritti, opere d’arte e affreschi che lo ritraggono con l’aureola. Tuttavia, la sua figura è stata controversa, oscillando tra accuse di eresia e lodi di santità. Oggi, la Chiesa sta rivalutando la sua figura, grazie anche ad una nuova ricerca ecclesiale ad opera di Don Enzo Gabrieli, già postulatore della causa di beatificazione del Beato don Francesco Mottola, e al lavoro del Centro Internazionale di Studi di San Giovanni in Fiore.
Gioacchino è un personaggio che non può essere separato dalla sua profonda connessione con Cristo, la Chiesa e, soprattutto, con la parola di Dio, che citava spesso come riferimento centrale del suo pensiero. Il suo continuo richiamo alle Sacre Scritture ne ha fatto un profeta e un predicatore illuminato, riferimenti biblici usati anche nel progredire del racconto del film.
La pellicola, girata in 12K, vede la partecipazione di attori di rilievo, tra cui Francesco Turbanti nel ruolo dell’abate Gioacchino, Bill Hutchens come il cabalista ebreo, il direttore della fotografia Gianni Mammolotti; le scenografie di Davide De Stefano, il truccatore Vittorio Sodano, l’attore Remo Girone, Felicity Jones, Adrian Paul. Il cast include anche attori calabresi come Alessandro Cipolla e Costantino Comito. Le riprese si sono svolte non solo in Calabria, ma anche in Lazio e altre regioni d’Italia.
Il regista, documentarista e docente Jordan River ha intrapreso un profondo percorso di ricerca sul personaggio, confrontandosi con studiosi, teologi ed esperti del Centro Studi Internazionali di San Giovanni in Fiore. Le scene chiave del film vengono raccontate da un Gioacchino ormai anziano, vicino alla morte, che ripercorre la sua vita a partire dalla rinuncia alle armi durante la crociata fino al suo viaggio spirituale che lo ha portato nelle grandi abbazie calabresi e infine a Casamari, dove si dedicò alla scrittura e alla sua visione della “terza epoca”, il tempo dello Spirito Santo.
Il film esplora i temi della lotta tra il bene e il male, con il divino che sconfigge il drago apocalittico, simbolo del male, attraverso la potenza della Trinità che guida la storia e la vita umana.
Abbiamo avuto l’occasione di interagire con l’attore protagonista, Francesco Turbanti, al quale abbiamo rivolto alcune domande:
– Ogni esperienza umana inevitabilmente apporta cambiamenti e modificazioni dello stato delle cose e della realtà-verità di ognuno: in cosa si sente cambiato, se ciò è avvenuto anche per lei, dopo aver approfondito, studiato, interagito con il personaggio interpretato?
“Ogni film a cui ho avuto la fortuna di partecipare mi ha lasciato qualcosa di unico. Il mio lavoro mi permette di accedere a mondi nuovi, spesso molto distanti da me, ed è proprio in questa distanza, in questo divario tra me e il personaggio che germoglia la crescita. Spesso la quotidianità appiattisce la nostra creatività, la capacità di immaginazione. La possibilità di raccontare storie, di mettersi in panni diversi dai nostri, di immaginare mondi nuovi è l’eredità preziosa del nostro lavoro. Se riusciamo a condividere questa possibilità con lo spettatore, riusciamo nella sfida più difficile.”
– Immaginiamoci trasportati nel futuro: per quale aspetto vorrebbe ci si ricordasse della sua interpretazione di Gioacchino?
“Gioacchino da Fiore è una figura imponente, carica di mistero e profondità. Il mio desiderio è quello di aver contribuito, nel mio piccolo, a comunicare con gli spettatori almeno una parte di questa bellissima complessità.”
– Quale scena ricorda con particolare trasporto e coinvolgimento emotivo?
“Durante le riprese del film abbiamo attraversato luoghi meravigliosi. La natura è spesso diventata un personaggio attivo con cui tutta la troupe ha interagito. Proprio per questo non riesco a scegliere un’unica scena da ricordare, ma piuttosto preferisco parlare di questo territorio splendido in cui le scene del film hanno trovato la loro dimensione artistica ed emotiva.”
Non ci resta che augurare il meglio a questa pellicola, ai suoi protagonisti, alle tante maestranze che hanno contribuito alla realizzazione e alla stessa figura di Gioacchino da Fiore affinchè, anche attraverso la settima arte, possa assurgere agli onori degli altari attraverso la riscoperta delle sue opere e del suo pensiero.