Il 19 ottobre di undici anni fa moriva l'Oblato laico del Sacro Cuore di Gesù, per il quale si chiede l'apertura della causa di beatificazione
Gino Scalise, il “sindaco santo” di Scandale dal cuore di poeta certosinoIl 19 ottobre del 2014 moriva a Scandale all’età di ottantotto anni Gino Scalise. La sua esistenza vissuta intensamente nella spiritualità oblata di don Mottola, centrata a “vivere nel mondo e vedere tutto in Cristo, unica luce attraverso cui vogliamo risolvere tutti i problemi”, è rimasta viva nella chiesa locale come straordinaria testimonianza di virtù umane e cristiane.
L’indicativa attualità del suo pensiero, maturato nell’esperienza di vita interiore, percorre i campi della letteratura, in particolare quello della poesia. Dalla critica è stato definito “poeta dolce, dal respiro soave che lega la terra al cielo, la morte alla vita, la disperazione alla speranza, l’uomo a Dio. Un poeta contemplativo che guarda al cielo senza distacco dal mondo dove l’ingiustizia, l’odio, l’edonismo, l’indifferenza schiavizzano l’uomo”.

Il sentirsi vibrare l’anima di poesia era confortato e stimolato dalle idee di don Mottola : “Troppa poesia? Chi vi ha detto che la poesia sia un male? O confondete questa combustione d’anima, che è primo elemento d’arte, con il fraseggiare vuoto del romanticismo decadente o dell’arcadia o, peggio, con l’entusiasmo a freddo di troppi giornali e giornaletti? Ogni poesia è visione del mondo attraverso il proprio soggetto. Senza il proprio soggetto è nulla la poesia.”
La prima raccolta delle sue poesie è stata pubblicata nel 1977 da Fasano Editore con il titolo “Sui fiumi di Babilonia – cento canti in terra straniera-” per cantare con la vita , per le strade di questa moderna e più complessa Babilonia , l’ideale di una umanità nuova , i canti senza fine di fraternità e di gioia, di liberazione totale dai nostri oppressori.
I suoi versi sono strettamente connessi con la contemplazione, col suo essere certosino della strada, dove incontra Cristo crocefisso volerli ascoltare accompagnati dal suono delle nostre cetre.”e redentore nell’umana sofferenza, nell’abbandono del povero e dell’oppresso, nel giovane disorientato in cerca di verità, di giustizia e di carità.

Nella lirica “Deserto spirituale” confessa:
“ Spesso lungo le vie incontro – le case deserte dello spirito,- dalle finestre aperte senza luce – Risento parole di materia – fangheggianti , insulse, vuote, trite; – bestemmie inaudite – e c’è ovunque il male . (…) Allibito, stanco, nauseato – indietro io starei per voltarmi – e vivere soltanto di ricordi.- Ma reagisco e lancio la mia sfida – che venga a me vicino – lo sguardo luminoso d’un bambino – a rincuorarmi – e mi dia forza a fare contro il male – il dono totale! – che dia vita alle case deserte – e tanta luce alle finestre buie – e rispuntar ovunque il fior del bene.” In un’altra lirica : “Batte il cuore d’acciaio – della mia sveglia –e rompe il silenzio della notte. – anche il mio cuore di carne – trepidando, batte –per le sorti del mondo”.
Nel quotidiano andare della vita, il poeta certosino incontra : il contadino “ oh come vorrei essere al tuo fianco _ per confortare il tuo cammino stanco”; l’emigrante col ricordo dell’esodo biblico : “ Folle di braccianti verso il nord –come uliveti fuggenti –incrocianti i treni del sud”; una madre, “La nocciolaia –stanca, adagiata sopra il carrettino – pieno di noccioline americane- mamma di più d’un bambino – a cui portar sera per sera il pane.(…) Ti vedo sì dolce e taciturna, -sì stanca, sì disfatta, sì smarrita – Oh ,se potessi darti questo turno ! – oh se potessi scorger sul tuo viso – rugato e triste l’antico sorriso: un povero, “ Ho visto un uomo – che raccattava – o fingeva di raccogliere – cose usate – e sacchetti di plastica – tra i rifiuti – alla periferia della città.- Un uomo muto -offeso nella sua dignità – che pareva anch’egli un rifiuto “.
Poeta, non avulso dalla realtà, era radicato nella vita della comunità cittadina. Ne era soprattutto protagonista finanche assumendo impegni civili e politici.
Era il certosino operoso con uno spirito cristiano che animava la sua vena poetica con toni profetici.
Amava definire le sue liriche «espressioni d’intuizioni, ricerche e visioni della vita e del fatto sociale che io vorrei ora donare anzitutto ai giovani che si preparano ad essere gli uomini del domani, agli adolescenti che, con ricchezze spirituali straordinarie, attraverso il sapere, s’apprestano ad ascendere i gradini decisivi della giovinezza. Non v’è in quest’alcuna pretesa letteraria, bensì il desiderio di comunicare e dialogare con molti, con i giovani soprattutto, partecipando l’itinerario d’uno di noi, in tal caso il mio, cosparso, come quello d’ognuno, di gioie e dolori, di ansie e speranze, sostenuto e guidato, però, da una luceideale».
Possiamo affermare senza ombre di dubbio che la poesia di Gino Scalise esprime sempre parole sofferte e radicate nella fede in una tensione spirituale che si manifesta nella solidarietà e nella denuncia contro ogni degrado sociale con lo sguardo illuminato dalla luce della speranza e della verità.

