L’esperienza di uno dei protagonisti di “Ciellini ad Arcavacata”, il libro di Mario De Filippis per i tipi di Editoriale Progetto 2000.
Da studente a orientatore: l’influenza educativa del metodo cristianoRitornare con la mente e con gli occhi al periodo universitario non è semplice. Ricordare, rivivere gli anni che hanno segnato un percorso umano e religioso, formativo ed esperenziale è un esercizio di valorizzazione e di connessione.

Lo spunto arriva da un libro storico ed ironico che ripercorre gli anni settanta ed ottanta. In quella fase ero un fervente attivista e studente per giunta di belle speranze sulle colline di Arcavacata. La narrazione che compie Mario De Filippis, da storico esperto con l’assist dell’editore Demetrio Guzzardi, entrambi laureati al corso di storia medievale dell’Unical come me, è lo spunto per far ritornare lo spirito giovanile, idealista, costruttivo e forse un pò ideologico.
Le pagine che rappresentano una memoria viva sono quelle di “Ciellini ad Arcavacata” per i tipi di Editoriale Progetto 2000. Ripensare all’influenza che ebbe sulla mia formazione umana e cristiana il periodo dei ciellini all’Unical è un ricordo che ti dà carica e ti riconferma nella scelta di rimanere sulla strada educativa di questo movimento che ha sfidato e provato a dialogare, nei luoghi più difficili della società italiana, con le varie culture.

Anni di intenso lavoro formativo, fatto d’incontri in ateneo, quando l’ideologia dominante giustificava spesso chi usava violenza o impediva ai cattolici di esprimersi e organizzare le loro attività culturali e religiose. Noi ciellini eravamo e siamo attenti al bisogno dell’altro e all’importanza di essere presenti nella realtà. Nascevano in quegli anni i banchetti per accogliere le matricole che spaesate arrivavano da contrade sperdute su quei terrazzi arroventati dal sole e circondati dall’erba ingiallita. Una sorta di anticipazione delle giornate di orientamento che ormai tutti gli atenei svolgono per attirare nuovi studenti. Io spesso mi trovavo con qualche professore universitario o con altri studenti a visitare qualche scuola sopratutto del vibonese per portare il verbo di Arcavacata, ovvero far conoscere l’ateneo residenziale nato per il riscatto e l’evoluzione dei giovani calabresi. Un compito svolto sicuramente con impegno dai tanti docenti arrivati quasi in “missione” in questa periferia del mondo dove alla pastorizia e all’agricoltura si voleva sostituire la tecnica e l’economia con un contorno industriale farcito male.

Oggi mi trovo a fare l’orientatore da diversi lustri e quel periodo giovanile forse ha aperto la porta verso questo lavoro, tanto delicato ed importante, in un mondo di disorientati che non seguono o ascoltano neanche l’intelligenza artificiale. L’influenza educativa del metodo cristiano mi ha dato spesso la carica necessaria e la motivazione per orientare e fornire esperienze dirette ai giovani e meno giovani in cerca di formazione e lavoro, in una terra dagli indici occupazionali sempre bassi e distanti dalla media nazionale. Dare spunti, speranze, indicazioni operative per aumentare le competenze necessarie ad affrontare le sfide per la ricerca del lavoro in modo libero e non clientelare. Indirizzare a percorsi formativi validi e reali per entrare in un mondo del lavoro spesso blindato o viatico di sfruttamento con paghe non sempre allineate ai contratti nazionali.
Tutto ritorna, da ragazzo sognavi di fare il giornalista e poi in università riesci ad accarezzare questo sogno e scrivere per testate nazionali e locali sebbene ancora sbarbatello tra campioni dell’aderenza politica ed antesignani dei portavoci attuali. Un mestiere mai abbandonato del tutto nel corso degli anni. Passare da Arcavacata per studiare e ritornarci con i figli che hanno preferito atenei più blasonati ed internazionali, anche dietro il consiglio dell’orientatore di famiglia è il segno della crescita e dell’evoluzione, della maturazione e della molteplicità dei percorsi. Purchè svolti con coscienza e nella massima libertà.

