Una speranza che non delude
Da Giovanni a Francesco28.10.1958 : quella sera si ruppe un silenzio antico. Nasceva da profonde solitudini e da percorsi tortuosi secolari. Fu come un grido di liberazione da remote lontananze che avevano inaridito il cuore che finalmente poteva battere ritmi umani, spezzando sclerosi dure come il macigno che chiudeva il sepolcro del Golgota.
“Mi chiamerò Giovanni” : come il profeta battezzatore, la voce che grida nel deserto per preparare la strada al Signore che sta per venire. Da secoli un papa non sceglieva più quel nome. Angelo Giuseppe Roncalli, figlio di contadini bergamaschi, attempato e avanti negli anni, tornerà alle origini, sul fiume Giordano :”Michiamerò Giovanni!”. E si aprirono i cieli nello sbigottimento di tutti. Neppure nella sua casa nessuno aveva portato quel nome . Si calò nelle acque del fiume fino alla cintura e guardava oltre l’invisibile e sentiva voci venire dal cielo che si era spalancato ai suoi occhi di profeta. Nessun cuore può reggere alla epifania del divino.

E Angelo Giuseppe Roncalli divenne solamente Giovanni, per l’invasione dello Spirito che pervase la sua vita e ne fece il pastore di tutta la chiesa. Quella sera uscì dalle acque del fiume ed intraprese un cammino sconosciuto senza cercare più la via del ritorno ai luoghi vissuti, alla casa abitata,alle persone frequentate. “Venne un uomo : il suo nome era Giovanni” : si trattava di vedere questo homo novus, di vedere finalmente un uomo , una umanità vivente. “E venne un uomo” : alle sue qualità umane l’ispirazione di Dio aveva donato una potenza crescente e penetrante d’intuire le vie sulle quali potevano incontrarsi le speranze degli uomini e la Verità custodita dalla Chiesa, rinnovando qualcosa che il mondo non aveva più conosciuto dai tempi di Francesco d’Assisi. “ Dio mandò un uomo: si chiamava Giovanni…Giovanni era un testimone della luce”. Così parlò :”Figliuoli!” E’ una voce che conosciamo, la voce di chi sa condividere la nostra umanità, la nostra ferialità. Quella sera abbiamo sentito la voce di nostro padre e un sussulto di gioia è rimbalzato nel nostro cuore, incontro di anime sempre più profondo.
E venne la sera della luna, quando la carezza del Papa si posò affettuosa sul viso dei bimbi, inconsapevoli beneficiari della tenerezza di un tempo nuovo. Era il Papa buono per tutti, padre e fratello a tutti gli uomini. Non c’erano per lui gli altri, sono tutti miei figli : una fraternità reale verso chiunque, senza frontiere di nessun genere. La grande famiglia aveva bisogno di riconoscersi, aveva bisogno di incontrarsi : nella Chiesa nessuno poteva restare ai margini, o fuori. E volle radunare il mondo intero in un Concilio, una assise solenne ed ecumenica, che voleva includere tutto il mondo e tutti i credenti. Il Concilio Vaticano II nel secolo XX fu il tempus visitationis della Chiesa : non aver inteso la visitazione ha fatto la chiesa a pezzi in un post-concilio tormentato da strategie reazionarie di chi confonde il proprio ammasso di rimpianti antimoderni con la tradizione. All’inizio l’evento fu percepito come un incontro di tutti i cristiani per ristabilire l’unità originaria ed eliminare il grande scandalo delle divisioni. Furono giorni esaltanti ed il fervore di una chiesa dell’esodo riempiva di speranza anche le piccole comunità nelle zone più sperdute del mondo. Come quando, splendido e vivente, apparve il miracolo dell’unità umana attorno a un Papa morente, in una partecipazione universale trepida ed intensa alla vita della Chiesa. Non era stata mai compiuta una esperienza di commozione interiore e di preghiera come quella vissuta nei giorni dell’agonia di Papa Giovanni nella Pentecoste del 1963 da centinaia di milioni di uomini, che avvertirono in se stessi, all’improvviso, una misura umana sconosciuta, o dimenticata, che li restituiva a una verità senza delusioni, irresistibilmente valida per tutti.

Con Papa Francesco è ritornato più che mai vivo il suo richiamo alla pace della enciclica Pacem in terris , l’umanizzazione della vita, l’apertura ecumenica, il dialogo come metodo di incontro : Papa Francesco ne ha assunta l’eredità nella pratica quotidiana, nella coerenza al nome che ha assunto come pontefice e nella fragilità che ha vissuto nella sua età avanzata. La sua immagine nella notte del covid in una piazza S. Pietro spettrale nella solitudine di un Pontefice che incede oppresso dal dolore e dalla sofferenza di tutta l’umanità resterà come icona di un pontificato umanizzato, paterno, universale. E resteranno per sempre echeggianti le parole evangeliche della piccolezza, del piccolo seme, del lievito, degli ultimi, dei migranti e l’afflato che nella sua Laudato sia richiama il cantico di Francesco d’Assisi con l’abbraccio universale con tutte le tue creature specialmente messer lo frate sole. E la Chiesa della quale fu Pastore e realtà profonda nel suo cuore era il Regno contenuto nelle cose piccole, come si espresse nel discorso ad Atene il 04.11.21: ”A noi, come chiesa, non è richiesto lo spirito di conquista e della vittoria. La magnificenza dei grandi numeri, lo splendore mondano. Tutto ciò è pericoloso. E’ la tentazione del trionfalismo. A noi è chiesto di prendere spunto dal granello di senape, che è infimo. Ma umilmente e lentamente cresce. A noi è chiesto di essere lievito, che fermenta nel nascondimento paziente e silenzioso dentro la pasta del mondo. Il Regno di Dio è contenuto nelle piccole cose, in ciò che spesso non si vede e non fa rumore”. In un mondo in cui prolificano le guerre a pezzi Francesco rimase l’unica voce di una fraternità dissacrata e di una umanità umiliata e offesa che vede distrutta la casa comune da cui trae alimento e vita.
Tutto il mondo ha potuto guardare la fragilità nella quale si è consumata la vita di un padre, di un fratello, di un amico e tutto il mondo è accorso a tributargli un riconoscimento che dovrebbe valicare la porta della Speranza, il dono di Francesco che a tutta l’umanità ha affidato il Giubileo della Speranza , per alimentare il lucignolo fumigante che dovrà dare luce a tutti quelli che sono oppressi dalle tenebre e dall’ombra di morte. E spirò appena finito il giorno di Pasqua di Resurrezione, quando il suo corpo mortale, reso fragile dalla malattia, veniva sacrificato per la vita del mondo.