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Nel Duomo di Milano l'abbraccio tra la chiesa ambrosiana e quella calabrese

Così lontani, così vicini: l’ordinazione episcopale di mons. Torriani costruisce un ponte

MILANO – Una festa, benedetta dall’abbraccio fra la chiesa ambrosiana e quella calabrese. L’ordinazione episcopale nel Duomo di Milano di mons. Alberto Torriani, nuovo arcivescovo di Crotone- Santa Severina, è stata anzitutto questo. Un rito di grande fascino, celebrato,  in quella che l’arcivescovo Mario Delpini definisce nel saluto iniziale “la chiesa italiana più bella del mondo”, davanti le effigi bronzee di Sant’ Ambrogio e San Carlo, che dal presbiterio dietro l’altare maggiore guardano alla folla dei fedeli come per indicare la strada.

La Messa inizia con cronometrica precisione, introdotta dalla lunga teoria di celebranti e concelebranti. Ci sono i vescovi calabresi, con il presidente Fortunato Morrone e il vice presidente della CEI Francesco Savino, e tanti vescovi lombardi. Tanti i sacerdoti arrivati dalla diocesi crotonese, nei banchi della navata laterale che domina il presbiterio, accanto a quelli riservati ai giornalisti e operatori delle emittenti tv, a partire da quelle calabresi. In prima fila nella navata centrale il sindaco di Crotone Vincenzo Voce. Non manca l’orafo Michele Affidato.

Il rito ambrosiano si dipana con ordinata solennità. L’omelia precede l’ordinazione – avviata con la presentazione dell’eletto – e questa dell’arcivescovo Delpini è stupenda nel suo pragmatismo: “Ogni momento della storia della Chiesa – spiega il metropolita – è segnato da questo rischio: Gesù è presente, ma i discepoli non lo riconoscono. Il vescovo è colui che riconosce Gesù e aiuta i fratelli e le sorelle a riconoscerlo.

La comunità cristiana e anche la comunità civile chiedono al vescovo molte cose – aggiunge Delpini -,  lo desiderano presente in molte manifestazioni, lo applaudono e lo circondano di onore, di molte attenzioni, lo ritengono responsabile di tutto quello che avviene nella diocesi e quindi lo assediano con richieste e non gli risparmiano le critiche. Tutto questo fa parte del ruolo. Ma nella verità  – conclude l’arcivescovo di Milano – il vescovo ha solo una cosa da fare: stare sotto la croce, entrare nel compimento della rivelazione di Gesù e così riconoscerlo e aiutare gli altri a riconoscerlo: è il Signore! ”.

Antica e sempre nuova questa chiesa di Schuster e Martini, di Montini e Giussani, che fa cantare il salmo responsoriale ad un bambino del coro, che ha la voce di un angelo.

 La liturgia dell’ordinazione del nuovo vescovo entra nel vivo.

Don Alberto si prostra a terra per le litanie dei santi, quindi, per l’imposizione delle mani e la preghiera di tutti i vescovi, riceve il sacramento dell’ordinazione episcopale.

L’unzione crismale, la consegna del libro dei Vangeli e quella dell’anello, la consegna della mitra e quella del pastorale: Don Alberto, il rettore del Collegio arcivescovile di Milano, è vescovo: sarà il nuovo arcivescovo di Crotone-Santa Severina.

Al suono dell’organo si siede nel seggio per lui preparato. Quindi, riceve l’abbraccio di pace del vescovo ordinante principale (consacranti il vescovo Paolo Martinelli, vicario apostolico dell’Arabia Meridionale, e il vescovo ausiliare di Roma, Michele Di Tolve) e di tutti gli altri vescovi. Quello dei vescovi calabresi, è per lui il primo abbraccio della Calabria.

Qualcuno dell’assemblea, si sofferma davanti l’altare della Virgo Potens, dove sono sepolti gli arcivescovi di Milano. Forse cerca la tomba del cardinale Martini, che invece è situata, da sola, sulla navata laterale opposta. Nel mausoleo dove stazionava, si legge il nome di Eugenio Tosi. Prima di diventare arcivescovo di Milano e prima di Andria, il cardinale Tosi fu uno dei pastori lombardi del secolo scorso destinati alla Calabria: alla diocesi di Squillace, dal 1911 al 1917, quando gli successe il comasco Giorgio Giovanni Elli. Veneziano di nascita invece, ma milanese di formazione, il servo di Dio Enrico Montalbetti, arcivescovo metropolita di Reggio Calabria dal 1938 al 1943, quando morì all’età di 55 anni, rimanendo vittima durante una visita pastorale del mitragliamento di un cacciabombardiere inglese che faceva la spola tra la costa calabrese e Messina.

Intanto la Messa volge al termine. Il nuovo vescovo viene accompagnato nella navata centrale per la benedizione dei fedeli.

“Ora tocca e me prendere la parola – dice dopo il Te Deum, al momento dei saluti – stavolta da vescovo, in questa Chiesa che mi ha visto prima essere consacrato come sacerdote e poi in tanti altri momenti di questi anni in cui ho condiviso la preghiera o presieduto l’Eucarestia”. E le sue sono le parole, che formano i pensieri del grazie, ricchi di suggestioni che richiamano alla scrittura. “Grazie alla Chiesa, a quella ambrosiana e a quella di Crotone Santa Severina, che mi accoglie come vescovo. Grazie al Santo Padre, soprattutto in questi giorni di apprensione per la sua salute”. L’eloquio è vibrante, interrotto tre volte dalla commozione. Evoca pure, con il motto “Ardens ad sidera”, il Collegio San Carlo (dove insegna pure lo scrittore Alessandro D’Avenia, che ogni lunedì sul Corriere della Sera scrive la rubrica Ultimo banco), di cui è stato rettore negli ultimi 8 anni. E del sentimento del “desiderio” è intriso il suo discorso e i suoi ringraziamenti rivolti a maestri e compagni di quel “desiderare che è la forma propria dell’umano in cui è impressa la sua sete d’infinito che è forza, motore di libertà, creatività, impegno e dedizione”.

Emozionante il grazie alla mamma Lucia , al papà Carlo che “è già nella gioia piena del cielo”, al raggiante fratello Andrea; quindi  ai familiari, agli amici in una carrellata che va da Novate, a Monza, a Gorla Minore, a Milano. Quei luoghi del cuore insomma, dove “ho imparato a condividere la gioia, quella vera, che non sbiadisce, che è segno di un incontro con Chi della vita ha la pretesa di essere il senso e il compimento di ogni desiderio”.

Nella benedizione finale dell’arcivescovo Delpini, c’è anche il suo personale saluto all’ex rettore del Collegio San Carlo, con un’esaltazione della Calabria:

“D’ora in avanti però – dice il metropolita – la benedizione più importante è quella della tua gente, della tua diocesi, dei vescovi della Calabria che sono qui presenti. Noi milanesi a volte siamo un pò presuntuosi, mentre in Calabria fioriva un’altissima cultura, i nostri antenati erano qui ancora a graffiare le pietre e incidere sui sassi qualche disegno un pò approssimativo. Perciò abbiamo molto da imparare. Tu  entra con umiltà e con grande desiderio d’ascolto, perché  veramente è una terra che può insegnarti molto e che in questo momento sentiamo anche particolarmente vicina, la chiesa di Calabria con la nostra chiesa”.

Monsignor Alberto Torriani giungerà a Crotone il prossimo 26 marzo, per il 30  è fissata al Pala Milone la cerimonia dell’insediamento ufficiale. Il sindaco Voce è molto sorridente, quando prima d’uscire si avvicina ai sacerdoti della città e della provincia: “Monsignor Alberto – dice – è una persona umile, che farà bene a Crotone. Il mio pensiero ovviamente è andato anche a mons. Angelo Panzetta [oggi arcivescovo a Lecce, ndr], però adesso attendiamo il nuovo vescovo e speriamo che farà bene per la nostra comunità: quello che conta è aggregare la comunità”

Intanto, ad attenderlo all’uscita dal Duomo, una folla festante, con uno striscione e la scritta: “Vescovo Alberto, Milano sarà sempre con te!”. Poco più a destra, un altro gruppo ne mostra un’altra: “Santa Severina saluta Sua Eccellenza”.

Il cielo sopra la Madonnina, grigio uniforme tre ore prima, adesso si colora d’azzurro pervinca, anche per il contrasto coi riflettori che illuminano le guglie. Del resto, è pur sempre “quel cielo di Lombardia, così bello quand’è bello, così splendido, così in pace”.