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Intervista a Francesco Romano, il giovane di San Calogero (VV) protagonista dell'opera musicale dedicata all' "influencer di Dio", salito oggi agli onori degli altari

“Il nostro musical l’ha voluto Carlo Acutis”

C’è anche lui, Francesco, tra le migliaia di giovani questa mattina a Piazza San Pietro. Carlo Acutis diventa santo. Un ragazzo di Milano morto a 15 anni di leucemia, santo.  I miracoli, certo, ci sono: due, quelli necessari per la canonizzazione. Cos’avrà fatto mai in un arco di vita tanto breve per diventare santo? Francesco però, dimostra di averlo capito bene. Tanto da inventarsi un musical su “L’influencer di Dio”, come ormai viene chiamato Carlo Acutis.

Francesco Romano (seduto, a destra) con Francesco Paolo Da Vita, Chiara Cocciolo, Marsel Zinnà, Natalia Sibio: i ragazzi del musical su Carlo Acutis, questa mattina davanti la basilica di San Pietro a Roma per la canonizzazione dell’ “Influenzer di Dio”.

È il primo musical che sia stato composto sul primo santo millennial della Chiesa cattolica. Venti repliche in Calabria, ad oggi, tra l’estate scorsa e questa. Un successo straordinario, come – per l’argomento che tratta – non si vedeva chissà da quanto tempo. Ad ottobre, il musical andrà in scena ad Assisi, dove le spoglie di Carlo riposano. E pensare che tutto parte da un piccolo paese della Calabria profonda, San Calogero, in provincia di Vibo Valentia, il paese di Francesco Romano il quale, nel musical, interpreta proprio Carlo Acutis. Più precisamente, nell’oratorio di San Calogero. Francesco (20 anni, studente d’ingegneria meccanica ad Arcavacata, padre musicista, madre bancaria, una sorella che studia medicina in inglese in Bulgaria) quell’oratorio lo frequenta da bambino.

Facciamo un passo indietro. L’intervista che segue è stata raccolta ieri, sabato pomeriggio, prima della partenza per Roma in autobus (“di linea”) di Francesco ed altri ragazzi del musical. Esattamente in quell’oratorio, delle suore dorotee, dedicato a santa Paola Frassinetti.

Com’è nata l’idea di un musical su Carlo Acutis?

È un’idea che io e Francesco Paolo De Vita, l’altro ragazzo che ha scritto il musical con me, avevamo da tempo. Già da quando abbiamo realizzato il primo spettacolo, un recital, sul miracolo ottenuto da Maria Maccarone qui a San Calogero per intercessione di santa Paola Frassinetti. Nel frattempo io ho fatto la maturità scientifica a Vibo Valentia, Francesco Paolo ha ripreso a lavorare, l’idea è rimasta nel cassetto. Il cassetto si è riaperto quanto io ho fatto il primo anno d’ingegneria a Bologna, un’esperienza nella quale non mi trovo benissimo e quindi riesco a dedicare del tempo anche alla  scrittura di questo musical. Un giorno con Francesco Paolo decidiamo di unire le idee che avevamo, mettendo insieme quello che aveva preparato anche lui, così nasce il musical, con l’intento di riuscire a portare ai giovani il Vangelo comunicato “young to young”, da giovane a giovane, quasi come per continuare l’opera di Carlo Acutis e portare ia tutti, soprattutto ai giovani, il messaggio di Gesù, attraverso dei mezzi che li potessero raggiungere più facilmente della liturgia e della messa, che comunque sono uno step successivo.

Francesco Romano con il papà, Domenico, nell’oratorio di San Calogero. Al centro, un’immagine di san Carlo Acutis.

E la tua, di fede, come nasce?

È un qualcosa che ho sempre avuto. Sono nato per fortuna in una famiglia credente, praticante, cattolica. Principalmente sono stati i miei genitori che mi hanno insegnato i valori che mi porto appresso; molto anche mio nonno paterno, che era molto vicino alle figure di padre Pio e di Natuzza, mi ha molto fatto crescere, insieme a tutto il contesto.

Poi hai frequentato gruppi, l’oratorio…?

Si. Quando esco da casa, e mia mamma mi chiede se ho le chiavi di casa, io le dico «Si, le chiavi dell’oratorio ce l’ho». Infatti io vivo nell’oratorio già da quando sono piccolo. Poi ho fatto l’esperienza di animatore dell’oratorio, che continuo a fare. E quindi in questo ambiente bellissimo, insieme a don Rocco e a don Andrea, insieme alle suore, continuiamo a crescere.

Torniamo al musical. Ha richiesto molto lavoro?

Si, Francesco ed io abbiamo cominciato a lavorarci insieme a dicembre 2023, poi le prove sono cominciate a marzo ’24, la «prima» il 27 luglio a San Calogero, alla Casa della cultura, una struttura confiscata alla mafia e che il comune ha portato a termine (ed anche questo ‘particolare’ ha rappresentato per noi una bella soddisfazione).

Il musical, come dice il termine, è uno spettacolo fatto di musica … Come le avete realizzate?

Francesco in una scena del musical su san Carlo Acutis.

Ecco perché noi continuiamo a dire che è stato un lavoro voluto Carlo Acutis! Perché non avendo a disposizione le risorse anche economiche – oltre alle competenze – per poter realizzare tutte le musiche a partire da zero, abbiamo individuato alcuni brani di altri musical che abbiamo adattato, come nel caso di “L’aquila che raggiunse il sole” dedicato al beato Francesco Mottola che il maestro Vincenzo Laganà ha messo a disposizione per noi; altri sono inediti e sono stati scritti per noi da compositori che ci sono venuti incontro tra cui Stella Sorrentino e Vincenzo Papaianni. I testi, nella maggior parte dei casi, li abbiamo elaborati noi.

Come è stato costruito il musical?

Rispettando i punti fondamentali della vita di Carlo Acutis: la nascita; il suo rapporto con l’Eucarestia quindi l’adorazione eucaristica quotidiana; la figura di Maria che lui definiva “l’unica donna della mia vita”; la figura di san Francesco d’Assisi, che ha guidato Carlo in gran parte della sua vita; e poi c’è la parte dedicata alla malattia, all’accettazione del dolore da parte dei genitori dopo la sua morte; infine c’è il messaggio di speranza che conclude il musical in maniera positiva.

Francesco con suor Rosaria nell’oratorio di San Calogero.

Lo state portando in giro, intanto in Calabria: come viene accolto?

Viene accolto in maniera davvero positiva. Sia dai comitati, quando è un comitato ad organizzare; da parte dei parroci, da parte delle amministrazioni. Davvero ci sentiamo a casa in tutti i luoghi che abbiamo la possibilità di visitare.

Tu interpreti proprio Carlo Acutis: come vivi questa parte, questa … identificazione?

Si, non è una parte, è una identificazione, e forse questo fa la differenza, nel senso che è una grande responsabilità. Non è semplice, nel senso che è una grande responsabilità. Non è semplice perché bisogna sentire, far propri dei valori che per Carlo era naturale portare agli altri. Quindi non c’è soltanto una preparazione tecnica per questo musical, ma sicuramente anche una preparazione da un punto di vista della fede, spirituale. Noi sempre prima di andare in scena abbiamo un momento di preghiera con don Andrea e anche con il parroco della comunità che ci ospita. Non iniziamo mai senza questo momento di preghiera perché, come diciamo sempre, dobbiamo cercare di far arrivare a tutti il messaggio, e se non lo abbiamo presente noi in primis, non possiamo farlo arrivare agli altri che stanno sotto il palco.

Ma cosa ti ha colpito, soprattutto, della figura di Carlo Acutis?

La semplicità. Che è un po’ una caratteristica di tutti i santi, se andiamo a vedere. I santi non sono mai persone che fanno delle cose straordinarie, ma nel loro piccolo, nella loro ordinarietà fanno diventare speciale ogni singolo momento. Perché proprio questo è il messaggio di Cristo, che si è rivolto sempre agli ultimi, e che ha detto che chi vuol essere il più grande di tutti deve essere l’ultimo di tutti e il servitore di tutti. Ed è proprio la semplicità di Carlo che ha colpito sia me, che Francesco Paolo, che tutti i ragazzi del musical. Lui riusciva a fare delle cose straordinarie e riusciva a far capire agli altri, si suoi coetanei, che la santità è una cosa che è per tutti, quindi la santità della vita quotidiana. Tant’è vero che il Papa ha definito sia lui che Pier Giorgio Frassati «i santi della porta accanto». Una santità che parte dalle cose semplici, che non è irraggiungibile e il messaggio di Carlo è che tutti noi, se lo vogliamo, possiamo diventare santi.

Una scena del musical “Carlo Acutis, l’influenzar di Dio”,

Ma che cos’è la santità?

È sentire Dio all’interno della propria vita e fare quello che ad ogni uomo chiama a fare. Seguire la sua voce, e mettendosi alla sequela di Cristo  davvero possiamo diventare santi. Credo sia questa la santità perché, come diceva Carlo, è un processo di sottrazione: meno io per dare più spazio a Dio. Quando Lui parla e noi lo seguiamo, siamo sicuramente sulla retta via.

Come vivi questa giornata della canonizzazione?

È un momento bellissimo. Per questo abbiamo deciso con alcuni ragazzi del musical di viverlo in piazza San Pietro.

E intanto vi preparate a mettere in scena il musical ad Assisi.

Si, potrebbe essere l’11 ottobre (il 12 ottobre è la data della morte di Carlo), stiamo aspettando la comunicazione ufficiale. Intanto il 13 settembre lo rappresentiamo a Maierato.

Avete conosciuto la madre ed il padre di Carlo Acutis?

Non ancora. Conosciamo la madre attraverso i contatti con l’Associazione di Carlo Acutis. Speriamo di conoscerli ad Assisi.

Trasmettere la fede “young to young”, hai detto. Ma c’è, in giro, una domanda di spiritualità?

Secondo me c’è una fede da parte dei giovani, ma mi sento di dire che probabilmente hanno paura di ammetterlo. Perché anche quando poi  si parla del musical stesso, sapere che da questi giovani  – così come mi è stato detto da questi giovani stessi – che si definiscono atei, non credenti, e mi dicono che sono venuti a musical e si sono emozionati perché hanno sentito qualcosa di speciale, allora vuol dire che qualcosa in loro che batte e che arde, c’è.